ARCHITETTURE DEL VINO

Cantine di cui anche Bacco andrebbe fiero

2.1 Le prescrizioni enotecniche secondo gli antichi.

Le prime direttive e norme costruttive riguardanti l’edificazione delle cantine e i luoghi enotecnici furono a noi tramandate e descritte dagli antichi scrittori e dagli agronomi latini come Porcio Catone, Plinio il Vecchio, Gaio Plinio Secondo, l’agronomo Palladio, Marco Terenzio Varrone e Lucio Giunio Moderato Columella per citarne alcuni fra i più famosi. Di seguito riportiamo alcuni stralci delle citate prescrizioni, ricavate dai classici antichi, a guisa d’introdurre il tema di cotanta importanza.

M. Porcio Catone, per esempio, così impartiva:

<<Se tu vuoi costruire un torchio fornito di quattro sortimenti, e che tutti vi stieno comodamente, ecco quello che devi fare. Prendi alberi grossi piedi due, ed altri nove con cardini aventi l’occhio lungo tre piedi e tre quarti, incavati sei dita. (..). Fra alberi e alberi e le pareti, vi saranno due piedi; fra ogni due alberi un piede e un quarto .. (..), gli stipiti saranno grossi due piedi ..; il pavimento con due vasche e due canali, trentaquattro piedi; il pavimento per andare a destra e a sinistra dei trapeti, venti piedi; il luogo per le leve fra i due stipiti ventidue piedi. (..). Ecco la somma delle cose, che entrano nella costruzione di un torchio. Una larghezza di sessantasei piedi per quattro sortimenti, e una lunghezza di cinquantadue piedi. ..>>(1), e ancora più avanti aggiunge: <<Ecco ciò che deve fare il custode e il travasatore. Tenga egli diligentemente assestata e netta la cantina, e il torchio. Faccia che nell’una e nell’altro s’entri il meno che sia possibile. Il lavoro si compia con tutta pulitezza e nettezza. (..)>> (2).

E Gaio Plinio Secondo aggiungeva:

<<I metodi per conservare il vino una volta fatto differiscono grandemente a seconda del clima. Nelle regioni alpine lo si racchiude in recipienti di legno rinforzati con cerchiature e persino, nel pieno dell’inverno, lo si preserva dal gelo accendendo dei fuochi; fatto raro, ma talvolta osservato, i vasi schiantati hanno restituito masse compatte di liquido ghiacciato, come per una sorta di prodigio, in quanto il vino per natura non gela; di solito col freddo si intorbida soltanto. Nelle regioni più temperate lo si racchiude in dogli che vengono messi sottoterra interamente ovvero parzialmente a seconda della geografia del luogo; con questo metodo lo si protegge dalle intemperie. Altrove lo si protegge costruendo, a riparo, delle tettoie e si tramandano anche questi precetti: un lato della cantina o almeno le finestre bisogna che siano esposte all’aquilone (vento settentrionale) ovvero, in ogni caso, verso il nord-est. I letamai e le radici degli alberi devono essere distanti, come ogni cosa di cui bisogna evitare l’odore, poiché passa al vino con gran facilità; i fichi soprattutto, coltivati e selvatici. E’ bene anche distanziare i dogli, affinché le malattie non si diffondano dall’uno all’altro, essendo il contagio nel vino sempre molto rapido. Ha persino importanza la forma stessa dei dogli: quelli panciuti e di bocca larga sono i meno adatti. Occorre che siano impeciati subito dopo il sorgere della Canicola , poi lavati con acqua marina o comunque salata, quindi cosparsi di cenere di sarmenti o argilla e fatti asciugare profumandoli di mirra, come si fa più volte con le cantine stesse. I vini leggeri devono essere conservati in dogli interrati, quelli forti in dogli esposti all’aria. Essi non devono mai essere pieni fino all’orlo e il bordo che rimane asciutto va trattato con passito o defrutum e con un impasto di zafferano, di iris in polvere e di sapa. Allo stesso modo si tratteranno i coperchi dei dogli con aggiunta di mastice o di pece del Bruzio. Non devono essere aperti che col tempo buono e, non quando soffia l’austro o con la luna piena. (..)>> (3).

Anche l’agronomo Palladio approfondì lo studio delle cantine vinicole:

<<1- Le cantine devono essere esposte a nord, al fresco e quasi oscurate, situate lontane dai bagni, dalle stalle, dai forni, dai mucchi di letame, dalle cisterne, dalle acque e da tutti quegli odori nauseabondi, sufficientemente equipaggiati per permettere di fare un’abbondante raccolta, infine concluso ciò che sia munita di un torchio sopraelevato come il pulpito di una basilica, al quale si accede da tre o quattro gradini, e da ciascun lato due serbatoi saranno trattati con riguardo per ricevere il vino. Nel frattempo da questi serbatoi, dei cataletti di muratura o dei tubi di terra cotta corrono da una estremità all’altra dei muri, e conducono il vino nelle giarre disposte ai piedi di ciascuna parete; esso fluirà da delle aperture ricavate al di sopra di ciascuna giara. 2- Se resta ancora del vino, lo si mette nei tini piazzati nelle parti centrali delle cantine e installati, al fine di non recare alcun disturbo al passaggio, sopra dei cavalletti relativamente rialzati o sopra delle giarre; (..). Se al contrario si riserva ai tini uno spazio speciale, questi devono essere, come per il torchio, leggermente sopraelevati e consolidati da un pavimento di mattoni, in modo che, se si produce una fuga da un tino senza avvertirla, il vino colato, invece d’essere perduto, sia recuperato da un bacile collocato ai piedi della pedana.>> (4).

...continua.
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